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VARESE «Gesù tienitelo stretto». Così Alba, la mamma di Massimo Basile, 39 anni, ucciso dal fratello venerdì scorso, nella casa di via del Riveccio a Calcinate del Pesce. Ieri il giovane ha ricevuto l’ultimo saluto in una cerimonia sobria e partecipata. Don Mauro Barlassina ha celebrato la liturgia della parola. Una funzione religiosa scelta al posto del funerale tradizionale perché punto di incontro tra il rito evangelico e cattolico (alcuni membri della famiglia frequentano la chiesa evangelica, altri quella cattolica).

«Ci affidiamo a te Gesù, solo tu puoi risolvere i nostri problemi – ha detto la madre Alba sorreggendosi al figlio Paolo – Massimo, ora che sei un angelo, prega per noi».

Ed è stata proprio la fede della madre a ispirare l’omelia. «La madre di Massimo esprime intensamente sofferenza, sia nello sguardo che nella parola, ma non ha perso la fede – ha detto don Mauro – Ripete: “Ho fatto della mia vita una realtà che poggia sulla roccia e che si chiama Cristo”. Il suo esempio è un invito a trovare forza nella fede anche in una vicenda che tocca così profondamente una famiglia».

Don Mauro ha parlato anche di Giovanni Basile, colui che ha spezzato la vita di Massimo in un impeto di ira e che ora si trova in carcere ai Miogni. «Non bisogna lasciarsi prendere dalla rabbia, ma pregare: Giovanni deve essere affidato alla misericordia. Questa vicenda costituisce una situazione che ogni uomo o donna può vivere. La disperazione è cresciuta nel cuore e nella mente di Giovanni. La mancanza di un lavoro e di uno spazio ha peggiorato le cose, fino a che è arrivato a compiere quello che ha fatto. A Varese sembrano non emergere casi di tale disperazione, che però esistono a decine. Dobbiamo dunque chiederci: sappiamo davvero farci prossimi gli uni agli altri?».

Don Mauro ha parlato anche di giustizia. «Bisogna chiederla per Massimo, ma anche per Giovanni. Che gli sia lasciata occasione di riscatto. La sfida è vivere la vita non per quello che si ha, ma per il dono che è».

I nipoti di Massimo hanno messo sul cancello del cimitero un poster con alcune foto dello zio. Lo si vede sulla moto, in Sicilia alle prese con la colazione a base di brioche, sorridente sulla spiaggia.

Tutti quelli che entravano al cimitero passavano una mano su quelle foto, come a voler accarezzare il viso del giovane per l’ultima volta. C’erano i familiari più stretti, il cognato Giovanni, la fidanzata Consuelo, i vicini di casa che hanno raggiunto il cimitero come in processione, portando fiori. E tanti amici, anche arrivati da lontano per dire addio a Massimo.

«Sembrava venuto al mondo per regalare bontà – ha commentato Roberto Lamperti, ex collega – Era il mio esempio professionale. Mi mancherà molto, ma continuerà a vivere nel mio ricordo».